di Dott. Luca Iovane
Come si riconosce un paziente colpito da un’azione di mobbing?
I principali segnali di un paziente affetto da mobbing sono da individuare nel fatto che la vittima non lavora più con gli stessi ritmi e la stessa efficienza: la sua produttività si riduce notevolmente sino ad arrivare a 80% della capacità lavorativa individuale.
- Cosa succede psicologicamente al paziente in questa situazione?
il “mobbizzato” manifesta problemi psicosomatici che lo costringono a lunghe e continue assenze per malattia (disturbi gastrointestinali, problemi cardiaci, depressione, attacchi di panico). A livello psicologico più intenso, vi è la perdita dell’autostima, depressione e sopratutto un senso di inadeguatezza costante.
- Cosa dovrebbe fare per non perdere fiducia in se stesso?
Cercare di razionalizzare e rivolgersi a professionisti per evitare l’insorgere di patologie.
- Esistono dei profili psicologici più inclini ad essere vittime di quest’azione?
A livello psicologico, non esiste una categoria più a rischio di altre. Ogni lavoratore potrebbe essere vittima di mobbing. Generalizzando, comunque, sembra che le persone più a rischio siano quelle o troppo passive o troppo aggressive.
- Qual è il profilo psicologico degli attori del mobbing?
Molti autori hanno cercato di delineare un profilo psicologico del mobber (colui che fa mobbing) individuandone alcuni tipi:
- l’istigatore: è colui/colei che è sempre alla ricerca di nuove cattiverie e maldicenze volte a colpire gli altri;
- il collerico: è la persona che non riesce a contenere la rabbia e far fronte ai suoi problemi e solo prendendosela con gli altri riesce a scaricare la forte tensione interna;
- il megalomane: è colui/colei che ha una visione distorta di se stesso considerandosi sempre al di sopra, un senso di Io grandioso che lo autorizza a colpire gli altri ritenuti inferiori;
- il frustrato: è l’individuo insoddisfatto della sua vita che scarica il suo malessere sugli altri, alla stregua del collerico;
- il sadico: è colui/colei che prova piacere nel distruggere l’altro e che non è disposto a lasciarsi scappare la vittima; questo individuo, identificato da altri come il perverso narcisista, rappresenta il modello più pericoloso in quanto è da considerarsi uno psicotico senza sintomi che rifiuta di prendere in considerazione i suoi conflitti interni e trova il suo equilibrio scaricando il dolore su di un altro;
- il criticone: è la persona perennemente insoddisfatta degli altri che crea un clima di insoddisfazione e di tensione;
- il tiranno: è simile al sadico, non sente ragione ed i suoi metodi seguono uno stile dittatoriale;
- l’invidioso: è colui/colei che è sempre orientato verso l’esterno e non può accettare l’idea che qualcun altro stia meglio di lui;
- Come dovrebbe comportarsi la vittima nel contesto lavorativo?
Molto importante è non isolarsi, ma coltivare le relazioni sociali, frequentare gli amici, rinsaldare i rapporti familiari, fare tutto ciò che può diventare una valvola di sfogo. Molte volte si cercano “alleati” tra i colleghi, ma difficilmente si trovano, in quanto paurosi di avere ritorsioni o addirittura paura di essere licenziati. Credo tuttavia necessario che si debba migliorare la comunicazione con i colleghi e le colleghe solo in questo modo si può avere un riscontro; acquisire maggior autostima, anche per capire se si tratta di mobbing o meno, per aumentare il rispetto di sé.
- Che tipo di terapia dovrebbe seguire in questi casi?
Credo che più di terapia, si debba parlare d’intervento morato, soggettivo ed aziendale. Nel caso dell’intervento mirato all’azienda, si dovrebbe attuare una formazione che corregga ed indirizzi adeguatamente il lavoro dell’Ufficio Risorse Umane. Ciò vuol dire intervenire sulla politica e sull’atteggiamento direttivo per migliorare la gestione delle situazioni critiche. Attraverso l’erogazione di percorsi che portano a fortificare la persona dentro per cambiare il loro atteggiamento fuori. Nel caso di intervento personale, si valuta la personalità del soggetto, facendo emergere conflitti inrisolti e dal conflitto non risolto al mobbing il passo è molto breve. In una situazione di mobbing, gli attacchi del/della mobber fanno male perché colgono impreparata la vittima, la quale non riesce a contrattaccare adeguatamente. La vittima, acquisendo la capacità di rispondere adeguatamente in qualsiasi circostanza, si sente più sicura di se stessa e nei rapporti interpersonali, ispirando rispetto e considerazione; in tal modo riesce a salvaguardare la sua dignità ed evita che gli attacchi costituiscano delle premesse per disturbi psicosomatici (l’aumento dell’autostima e della fiducia in se stessi risulta un ottimo immunizzante). Quindi un percorso che determini il cambiamento, il voltare pagina alle esperienze che hanno fatto si che potesse soffrire. Individuare le aree di miglioramento e lavorandoci, trovare delle strategie per affrontare gli stati di malessere.
- Cosa consiglia a chi ha già sofferto questo problema? Come dovrà comportarsi nei futuri lavori?
Credo che il miglior consiglio sia di conoscere se stessi a tal punto che si diventa “immunizzati” dal mobbing, questo molte volte è possibile, altre no. Nei futuri lavori quindi focalizzare l’attenzione non tanto ai comportamenti dell’azienda ma ai propri, costruire un modellamento di se stessi verso l’azienda che si “abita”.